Ho letto uno scritto di Vito Mancuso (Specchio – La Stampa domenica 18 giugno 2023 – leggi qui) che tratta del significato di “accontentarsi” e dell’essere “contento”.
Il senso che ne viene dato è quello della valorizzazione del desiderio, non in incremento (brama di cose e/o persone) e neppure in estinzione (soppressione dell’io e delle passioni, quindi mortificazione propria del “rassegnato”), ma in quanto orientamento (verso: giustizia, cura, conoscenza, verità, libertà) che ci trascina e crea in noi libertà e attività.
Mancuso termina dicendo: “Ciò di cui non ci dobbiamo mai accontentare è il lavoro interiore su noi stessi”. A supporto porta i versi di Leopardi nello Zibaldone:
“L’uomo che non desidera per se stesso e non ama se stesso non è buono per gli altri […] La noncuranza vera e pacifica di se stesso è noncuranza di tutto”.
Sono sempre ammirato del lavoro di riflessione ed esplicazione, del trovare parole e modi per raccontare del mondo e di noi stessi. Nel contempo sono grato alla nostra tradizione in cui il rimando è sempre all’esperienza diretta che sostanzia, che ci fa vedere, ci fa toccare con mano.
In tal senso, ma con un afflato più mistico, abbiamo “l’Uomo di Desiderio” così battezzato da Louis Claude de Saint Martin, personaggio nato nel XVIII secolo contemporaneo per molti versi di Cagliostro.